“Era singolare che Benedectine non percepisse quasi più la natura, ma vivesse già come natura i segni e gli oggetti artificiali della civiltà. [...] Così accettava come un fatto naturale l'esistenza di lettere dell'alfabeto e di numeri, e li considerava cose ovvie, senza doverli prima decifrare come segni. [...] Quando la bambina vedeva qualcosa che imitava la natura vera e propria, per esempio un quadro del pittore, era irrilevante per lei se e dove esistesse l'originale, perché la copia l'aveva sostituito per sempre.”
Peter Handke, Breve lettera del lungo addio
Ogni artefatto, e dunque anche un'opera d'arte, instaura con i fruitori un peculiare tessuto di rapporti relazionali, inscrivendo l'opera in un dato ambito culturale che, al contempo, è testimonianza della cultura da cui deriva. Tale opera, pertanto, attiva una sorta di processo comunicativo, di interazione e di reciproca influenza. In tale tipo di approccio va identificata la ricerca artistica dell'artista Federico Pisciotta che, invero, accelera tale processo immergendo la propria analisi, e il fruitore, in quella realtà virtuale che è filiazione del videogame; quella che qualcuno ha chiamato “rivoluzione incompiuta” (Dertouzos) e che, tuttavia, continua, sempre più, ad essere un nuovo habitat. Le parole tratte dal romanzo di Handke, che ho scelto per l'incipit, sembrano casualmente riferirsi all'opera che Pisciotta presenta a Bologna, dal titolo The game exhibition.
Essa prende spunto dal videogame Beyond: Two Souls, che, come descritto dalla casa produttrice “è incentrato sulle domande riguardo a ciò che accade dopo la morte. Esso permette ai giocatori di vivere quindici anni della vita di Jodie Holmes in un concatenarsi di eventi, passando da una Jodie bambina abbandonata anche dai suoi "genitori" ed esclusa da tutti, fino ad arrivare alla Jodie adulta che ha accettato di vivere insieme a questa entità che chiama Aiden e che ha affrontato battaglie durissime anche a livello emotivo. Questo viaggio ci porta alla ricerca di risposte riguardo all'Inframondo e a cosa c'è oltre la morte.”
L’artista ha scelto la protagonista del gioco e ne ha fatto il proprio soggetto, secondo un taglio fotografico l'ha inserita in una cornice d'antan, da “mostra” come sostiene l'artista nel titolo. Semioticamente Pisciotta pone la composizione e la sua narrazione in sequenza e, come già in altre opere di questa serie, la presenza del joystick e del play button, fanno sì che l'osservatore divenga, a sua volta, protagonista, come nella demo del videogame stesso.
L’operazione che l'artista attua è la scansione di una metafora che trova nella realtà del virtuale una dimensione simbolica: “Una realtà fatta di equilibri precari e continue ossessioni quotidiane. La seconda "realtà" che viviamo tutti i giorni attraverso dispositivi e con i quali condividiamo le nostre stranezze, dove cerchiamo continuamente di trovare quello che nella vita reale ci sembra impossibile... Ma dove, comunque, passiamo gran parte del nostro tempo. Mi ha sempre affascinato cercare di raccontare attraverso la metafora, l'allegoria, il mondo in cui viviamo mascherando sempre l'evidenza di una crudele realtà...”afferma il pittore.
Il gioco, pertanto, diviene una sorta di meccanismo di regressione psico-sensoriale, in un primitivismo dialogico travestito da realtà aumentata, illusoria, effimera. Le opere di Federico Pisciotta lasciano penetrare l'osservatore quasi ludicamente entro un paragone concettuale ben più profondo, metamorfico del vivere stesso, attraverso un codex che si attua nella tecnologia ma deriva dai processi cognitivi, psicologici e percettivi di primigenia matrice.
Videoplayer (The Led Rgb) - Federico Pisciotta, 2013-2019
di Benedetta Spagnuolo
Federico Pisciotta, artista romano, si laurea all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1997.
Per molto tempo si applica allo studio e al perfezionamento delle tecniche pittoriche e dopo una breve parentesi “impressionista” si dedica totalmente ad un periodo artistico dove il surrealismo lo fa da padrone, recuperando gli schemi della tradizione figurativa rielaborati in chiave Pop e contemporanea.
La componente essenziale della ricerca e della pittura di Federico è proprio l’accostamento di elementi d’ispirazione classica con oggetti-soggetti contemporanei, ed è da sempre segnata da simboli e allegorie che rivelano, con ironia, la precarietà dell’esistenza umana consumata dalle abitudini quotidiane e questo si evidenzia ancora di più nell’ultima fase della sua produzione.
Uno dei progetti che l’artista porta avanti dal 2013 è la serie Videoplayer (The Led Rgb) composta da opere ad olio e tecnica mista su tela o tavola; in questo progetto esiste un elemento costante: l’icona di un Videoplayer in stand-by che è in attesa di ricevere il comando da colui che curiosamente lo vuole “cliccare”.
L’artista nelle sue prime produzioni inserisce quest’icona come elemento pittorico, mentre successivamente lo estrapola materialmente dalla tela facendolo diventare un vero e proprio oggetto in 3D; da questo momento l’icona sarà intagliata nel legno e applicata su una lastra di plexiglass, per far sì che questa venga retroilluminata con luce alternata; grazie all’utilizzo di lampade led RGB l’artista ha ricreato in versione macroscopica l’effetto di un videoplayer a luce discontinua.
Tutta questa serie è per lo più di grande formato, l’artista mette a suo agio lo spettatore per tentarlo ad interagire con l’opera, per poi successivamente illuderlo che non potrà realmente toccarla (visto che il videoplayer si riaccende in autonomia). Gli oggetti a grandezza naturale diventano così oggetti “del desiderio”.
Federico da adesso in poi cerca di rappresentare, come dice lui stesso, “quel mondo informatico in continua ed irruenta evoluzione che ha generato il mutamento della psiche umana e stravolto l'immagine che abbiamo di noi stessi”.
Tutti gli elementi raffigurati sono riconoscibili e legati alla presenza di un giocatore ossessionato dal virtuale e che vive in uno stato di eterna solitudine, tra questi troviamo consolle da gioco, bicchieri e bottiglie con dentro alcolici, spesso compaiono anche oggetti legati al vizio del fumo e all’ossessione per il cibo (dolci e frutta), come se la realtà si miscelasse con la finzione e il soggetto raffigurato si volesse giustificare di fronte al proprio comportamento ambiguo verso qualcosa o qualcuno.
Quello che caratterizza particolarmente questa serie, non sono solo i personaggi immersi in un’ambientazione che oscilla tra classicismo e contemporaneità, ma è anche l’atmosfera stessa che non ha più limiti di tempo e spazio, come se i soggetti dipinti (donne dalle forti femminilità, bambini quasi ipnotizzati o uomini adirati) fossero bloccati tra fantasia e realtà; quello che però è concreto è che Federico vuole farci immergere in una quotidianità che sconfina con l’immaginazione, dove i soggetti diventano caricature dell’umanità e i volti accentuano i sentimenti di rabbia, tristezza e malinconia.
Ogni personaggio rappresentato non è mai casuale, ognuno ha un significato a tratti nascosto e a tratti svelato e le opere sono ispirate a molti videogames dei nostri giorni con trame che descrivono esattamente il clima dipinto dall’artista:
“Il ritmo della storia incide sulla vita stessa che appare altalenante, sospesa tra l'ansia e la quiete, la frenesia e qualche insperato sospiro di sollievo. Se da una parte emerge la necessità di correre per sfuggire alla violenza di un'umanità impazzita, dall'altra nasce l'esigenza di fermarsi a riprendere fiato, passando una notte dentro la casa di chissà chi, ammirando un tramonto, leggendo un fumetto, cercando di ritrovare sprazzi di una vita normale”.
Personaggi legati ad un’identità soprannaturale, ad un’adolescenza drammatica, a ferite d’infanzia, al passato o ad una guerra virtuale, portano il giocatore/visitatore a farsi domande sull’esistenza, sul valore dell’individualità umana e sulla sua precarietà.
Nella “realtà di Federico” la pittura indaga il virtuale, mentre il virtuale diventa più veritiero di ogni altra cosa; l’artista lusinga il fruitore attraverso ogni simbolo, ogni pennellata e ogni emissione di luce intervallata del tasto play.
L’interazione di chi guarda è sul filo del rasoio tra vero e falso, perché se apparentemente tutti possono toccare l’opera, in realtà questo non è vero: l’opera non può essere sfiorata se non attraverso gli occhi e il desiderio di un visitatore che diviene “giocatore” virtuale dell’opera stessa; l’artista come il giocatore è costantemente messo al centro dell'esperienza, occupando di fatto il ruolo di regista inconsapevole e la transizione della nostra esistenza reale si traduce esattamente in quella solitudine che è generata nel vivere una realtà virtuale che sempre di più affianca la nostra vita.